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PFU Zero: i pneumatici recuperati dai fondali marini

Published in montaggiogomme by Matteo Lecca, 7/26/2018 (edited on 5/11/2020 ) 0

Si chiama PFU Zero il progetto che recupera i pneumatici dai fondali marini delle coste italiane, con l’obiettivo di riciclarli e trasformare la gomma da destinare a nuovi utilizzi, come ad esempio la creazione di asfalto di ultimissima generazione, indumenti ad alta tecnologia, pannelli fonoassorbenti e aree giochi riservate ai bambini. Il progetto di recupero è stato messo a punto dall’associazione Marevivo, con la collaborazione del ministero dell’Ambiente, dal consorzio EcoTyre – che si occupa proprio di recupero e gestione dei pneumatici fuori uso, da qui la sigla PFU – dalla Guardia Costiera e da Federparchi Europarc Italia, associazione che riunisce coloro che gestiscono le aree protette naturali all’interno del territorio italiano.

Coste ripulite e riciclo

Nell’arco degli ultimi sei anni – dal 2012 al 2018 – sono stati circa 50 gli interventi di recupero in mare di pneumatici abbandonati, che hanno permesso di riportare sulla terraferma poco meno di 9 mila gomme che erano state gettate via. Componenti altamente inquinanti per gli ecosistemi marini, il cui recupero comporta due vantaggi: la salvaguardia delle aree costiere italiane dall’inquinamento e soprattutto la possibilità di riutilizzare i pneumatici fuori uso per destinarli ad un nuovo impiego. I PFU infatti sono riciclabili al 100% e l’operazione di riciclo prevede che vengano triturati, in maniera tale da ridurli in granulati di gomma. Il 70% circa di ogni pneumatico sbriciolato diventa polverino, con la gomma frantumata in granuli delle dimensioni dei granelli di sabbia, il 20% si trasforma in fonte di energia e il restante 10% è composto dalle fibre tessili che formavano la copertura stessa.

I pneumatici che vengono recuperati possono essere rigenerati, per poter di nuovo venire utilizzati come gomme per auto, oppure smantellati così da ricavare i materiali per impieghi differenti. Con il materiale ottenuto da vecchie gomme, infatti, è possibile realizzare asfalto di nuova generazione – il cosiddetto asfalto 2.0 – considerato più sicuro e silenzioso, oppure combustibile per cementifici, pannelli fonoassorbenti per l’isolamento acustico, campi di calcio e aree giochi per i più piccoli. Una sorta di “riscatto” per quello che fino a poco tempo fa veniva considerato il rifiuto per eccellenza: in qualsiasi discarica o luogo abbandonato si potevano trovare pneumatici, ritenuti inservibili e perciò abbandonati, ma il cui recupero può rivelarsi prezioso e fondamentale per utilizzi differenti oltre che per la salvaguardia dell’ambiente.

Le cifre dei recuperi

Nei sei anni di attività del progetto PFU Zero sono state recuperate oltre 3 tonnellate di pneumatici abbandonati in mare, in prevalenza nelle zone portuali; per quanto riguarda il 2018, il quantitativo più grande è stato rinvenuto a Gaeta – circa 1500 chilogrammi di gomme – e altri interventi significativi sono stati compiuti a Messina e Porto Venere, aree in cui sono stati “pescati” circa 600 kg di vecchie coperture. Marina di Ravenna si è invece distinta per la pulizia: un solo pneumatico è stato ritrovato in questo tratto di mare. Ma in che modo i vecchi pneumatici finiscono in mare? La causa va ricercata nel traffico illecito delle gomme e nel conseguente smaltimento illegale, che coinvolge sia la criminalità organizzata che i singoli individui.

Le grandi discariche sono ovviamente generate da chi fa del traffico illegale delle gomme per auto un business, dunque organizzazioni criminali che gestiscono il movimento dei pneumatici usati e li “smaltiscono” gettandoli a mare; esistono però anche discariche più modeste o di piccole dimensioni, create da automobilisti, gommisti e officine con l’obiettivo di risparmiare sul corretto smaltimento delle gomme. Un risparmio davvero esiguo, poiché il contributo PFU che ogni automobilista versa al momento dell’acquisto di nuove gomme ammonta a 10 euro (2,50 euro a pneumatico), mentre le cifre salgono quando si parla di autocarri e autobus, con un esborso che varia dai 7 ai 15 euro a gomma. Nel giro illegale di pneumatici della criminalità organizzata le coperture vengono vendute e comprate senza pagare l’Iva, per cui quando si conclude il loro ciclo vitale non possono essere smaltite seguendo i canali della legalità (che tracciano i movimenti compiuti dalle gomme in fase di compravendita) per cui finiscono abbandonate formando vere e proprie discariche a cielo aperto oppure nei fondali marini. Questo comporta una diminuzione dei ricavi per lo Stato, dato che le transazioni senza Iva rappresentano un’evasione a tutti gli effetti, ma soprattutto costi molto elevati per il recupero delle gomme e la bonifica delle aree utilizzate come discarica per prodotti che non possono essere smaltiti se non con l’intervento dell’uomo.

I danni per l’ambiente

La presenza di pneumatici nei fondali marini è altamente dannosa per l’ambiente, poiché non solo si altera l’ecosistema ma addirittura la morfologia dei fondali stessi. E stando alle stime fornite dall’Osservatorio sui flussi illegali di pneumatici e pneumatici fuori uso, ogni anno sono circa 40 mila le tonnellate di pneumatici fuori uso che non possono essere tracciate, le quali vanno a riempire le discariche sia di terra che di mare e talvolta vengono persino bruciate, rilasciando diossina nell’aria. C’è da dire, comunque, che le cose sono nettamente migliorate a partire dal 2011, quando è stato introdotto il contributo PFU grazie al quale possono essere sostenute le spese di smaltimento dei pneumatici recuperati.

Inoltre, il ritiro dei pneumatici da parte dei consorzi che si occupano appunto dello smaltimento è totalmente gratuito e dunque non grava né sul gommista né sull’automobilista, aspetto che ha incentivato l’utilizzo di canali legali per la sostituzione delle vecchie coperture. Il consiglio per chi acquista pneumatici è quello di rivolgersi a rivenditori autorizzati e che operano all’interno dei confini della legalità – sia online che nel commercio “fisico” – al fine di assicurarsi non solo gomme di qualità e che siano in linea con gli standard previsti dalle normative, ma anche il rispetto della legge per quanto riguarda il recupero e lo smaltimento dei pneumatici, che dopo la sostituzione devono essere presi in carico dal gommista o dall’officina i quali poi provvederanno a consegnarli ai consorzi che hanno il compito di recuperare le gomme fuori uso e procedere al loro smaltimento secondo i dettami normativi.