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Carburante dai vecchi pneumatici: si può fare?

Published in montaggiogomme by Matteo Lecca, 12/1/2020 0

Vecchie gomme per ottenere carburante: è questo lo scenario prospettato da un recente studio effettuato dall’Università dei Paesi Baschi, secondo il quale sarebbe possibile ricavare sostanze utili per alimentare i veicoli dai pneumatici fuori uso, i cosiddetti PFU. Una vera rivoluzione nel settore automobilistico che consentirebbe di aprire un circolo estremamente virtuoso, impiegando le coperture usate – ancora adesso un problema di difficilissima soluzione a livello ambientale – per fornire carburante attraverso una fonte ampiamente disponibile (pur non essendo possibile annoverarla fra le rinnovabili). Come è possibile portare a termine questo processo? Attraverso il fenomeno della pirolisi, che si basa sulla decomposizione termochimica di materiali organici senza l’utilizzo di fattori ossidanti (come ad esempio l’ossigeno). Vediamo più nel dettaglio in che modo può funzionare con le gomme auto.

Carburante dai pneumatici: ecco come

Attraverso la pirolisi a cui viene sottoposta la gomma dei vecchi pneumatici, è possibile ricavare prodotti petrolchimici e carburanti alternativi, tramite l’estrazione del “char”; quest’ultimo è un materiale di risulta che viene rilasciato da elementi a base di carbonio, come lo sono appunto i pneumatici, in seguito ad un processo di combustione, e tale materiale può essere recuperato in varie forme, liquida, solida oppure gassosa. In particolare, per i ricercatori dell’Università dei Paesi Baschi – che hanno anche pubblicato la ricerca su Renewable and Sustainable Energy Review – è la forma liquida del char ad essere sfruttabile come carburante per le autovetture. La chiave per poter utilizzare questo è elemento è la sua lavorazione, che risulta al momento difficoltosa in quanto si tratta di un materiale complesso e perciò non semplice da trattare in modo da poterlo destinare ad un altro uso.

L’utilizzo del “char”

Come illustrato dagli stessi ricercatori, il char è un materiale che comprende vari tipi di composti (paraffine, nafteni, olefine etc.) a cui si aggiungono composti solforati i quali impediscono che possa essere usato in maniera diretta come carburante, ecco dunque perché bisogna sottoporlo a lavorazione. In questa fase la ricerca si sta concentrando sul miglioramento del processo di pirolisi, per comprendere in maniera ancora più approfondita le potenzialità di questo materiale come carburante, e consentirne un impiego diretto riducendo le lavorazioni successive, che comportano costi e tempi al momento non sostenibili. All’uso come carburante si affianca poi quello come materia prima da adoperare per altri utilizzi in differenti settori.